Nyamuragira
di Marco Fulle
(scritto il 26 Gennaio 2012)
Africa, Africa, finalmente ! Nyamuragira, Nyamuragira, finalmente ! Due ore di corsa forsennata nella boscaglia verso Kimanura, l'ultima nata - «the youngest mountain on Planet Earth» - sullo stretto sentiero scavato nella lava dalle pianelle delle donne del villaggio di Rugari che ogni mattina vanno a far legna coi loro bambini - che vergogna incrociarne decine con i miei scarponi Asolo nuovi di zecca; corsa forsennata per interminabili chilometri su liscia lava a corde esplosa dalla foresta pluviale: così Nyamuragira - «Colui che comanda» - apre le porte del suo regno infinito. Infine al campo, su una liscia lastra di lava coperta da un manto di giovane cenere, nella piana assolata. Nyiragongo lontano a sud, col suo cratere rosseggiante la notte; a est Mikeno, ancor più bello, alto e slanciato del nostro Cervino; e ad ovest lei, Kimanura, la nera fessura ci chiama col suo ruggito di vulcano neonato.
Siamo i primi a scalarne i molli fianchi, a sederci nella soffice calda cenere accogliente. «Svegliati Marco!» - come vibra la terra! «Tom lo senti ?» «Qui no» «Vieni qui, qui vibra come un contrabbasso» - come quella casa a Rugari. Arrivando il giorno prima al villaggio, dove ci aspetta il plotone di soldati congolesi che ci scorterà con kalashnikov e baionette in questa nuova avventura, musica ritmica assordante ci accoglie. Un intero villaggio, sembra, si è rinchiuso in una capanna di legno, e canta canta canta senza fine, ritmo forsennato di tamburi, voce di decine di bambini. Norbert curioso si avvicina - «You cannot see inside», mistero, la casa armonica senza finestre suona per noi, ci dà il benvenuto, il filo per comprendere il mondo. Ora che nel campo sulla lastra di lava all'alba ascolto lo stesso interminabile ritmo nel canto di uccelli invisibili, ora che affossato nelle calde ceneri di Kimanura sento col mio culo la terra che vibra con quello stesso ritmo, ora capisco: sarà ancora là la casa che vibra ? si fermerà solo quando Kimanura si fermerà ?
I tre giorni regalatici nel deserto infinito sono passati, torniamo verso la vita di sempre, la fatica nel caldo equatoriale della corsa su lave a blocchi ricoperti da una spugna di licheni, delle decine di minuti interminabili sulla liscia lava a corde soffocata dalla vegetazione esorbitante, l'incontro con le donne a far legna mi fanno dimenticare cosa davvero sto aspettando. Ma non appena Rugari appare lontano, ecco che nel silenzio ovattato della foresta, inaspettata come l'alba, miracolosa nella sua interminabilità disumana, la musica, quella musica ritmica assordante totale sale dalla boscaglia. La casa che vibra è ancora lì, suonerà per sempre.